EDUCAZIONE INNOVATIVA: IL PERSONAGGIO: INTERVISTA A SILVIA PERELLI
LA DANZA: UN VIAGGIO FISICO DELLA MENTE
INTERVISTA A SILVIA PERELLI
di Elisa Pedini
Per l’appuntamento della Rubrica “Il personaggio” su “Kainós Magazine®”, oggi, ospito una persona speciale: la Professoressa Silvia Perelli.
Insegnante, ballerina, coreografa, imprenditrice e soprattutto, ideatrice del Metodo “L’attore fisico”, magnifico esempio di educazione innovativa.
Il lavoro sulla corporeità, sul linguaggio non verbale e sul gesto è alla base della didattica innovativa applicata nella nostra scuola, visto che tutte le materie che insegniamo sono basate sulla relazione tra individui e sulla comunicazione.
Dunque, per me, intervistare Silvia, è stato, non solo un grande piacere, ma anche una sorta di profonda “affinità elettiva”. Ho potuto “vivere” appieno le sue parole, comprenderle fino in fondo e goderne del significato.
Sentir parlare Silvia del suo Metodo, col suo bagaglio di alta preparazione e d’entusiasmo, ha, per me, rappresentato un momento di crescita importante, che mi auguro di riuscire a trasmettervi con queste parole.
Pertanto, nessuno più d’una professionista come Silvia, può parlare dell’importanza della liberazione comunicativa del corpo e del linguaggio non verbale.
Lei che, con passione e duro lavoro, sin da giovanissima, ha dato vita a una metodologia di training fisico attoriale, tanto valida, quanto elaborata, quanto efficace e affascinante, che vi lascio scoprire attraverso le sue stesse parole.
Silvia è titolare della scuola “Danza 3.0” a Roma e docente presso il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma.
D: Silvia, innanzi tutto, ci potresti raccontare la genesi del tuo metodo “L’attore fisico”?
SP: Avevo 29 anni quando, a seguito di un evento, dedicato a Luchino Visconti, organizzato dal Centro Sperimentale di Cinematografia, cui presi parte come danzatrice, venni chiamata per una supplenza.
È stato un colpo di fulmine e la supplenza è diventata una lunga e appassionante collaborazione che, ancora oggi, mi spinge a cercare, ottimizzare, sperimentare.
Mi trovai, quindi, con il compito d’insegnare danza agli attori, per i quali la comunicazione corporea è importantissima.
Tuttavia, mi ritrovai a lavorare con adulti, che non erano abituati ad ascoltare il loro corpo.
Sembrava di imporre degli obblighi motori, che, però, restavano estranei a loro e superficiali.
Proprio questo impatto iniziale, ha generato il mio ostinato interrogarmi e la mia ricerca di una metodologia efficace da proporre in aula, che facesse raggiungere una consapevolezza profonda del proprio corpo e del movimento.
Partii dal presupposto che prima che attori, erano persone e da questo lato dovevo affrontare il problema.
Quindi, ho cercato tutte quelle tematiche all’interno della danza che potessero andare bene per formare degli attori e non dei ballerini.
Mi sono comportata un po’ come fa mamma-uccello con i suoi piccoli. Ho rimasticato tutta la mia competenza in modo da offrire un prodotto finito che rispondesse appieno a tutte le esigenze di nutrimento dei miei allievi.
Dovevo stimolarli in tutti i modi possibili, ripartendo dalle origini, dal fisico, dal semplice. Quello che dovevo ottenere era una ripulitura totale.
Davanti alla novità si torna bambini ed è proprio questo il percorso: tornare bambini, svuotarsi, allontanare preconcetti e convinzioni, ripulirsi per aprirsi al nuovo.
Per l’attore, è molto importante conoscersi, proprio per svuotarsi del se e poter accogliere l’altro.
Quindi, il primo lavoro del percorso formativo previsto dal mio metodo, è proprio sulla persona, partendo dalla conoscenza e presa di coscienza di tutti quei modi comportamentali che si trasformano in atteggiamenti fisici e posturali, che portano a perdere completamente il contatto con il proprio sé.
Il raggiungimento di questa consapevolezza è quello che fa scattare qualcosa nelle persone e me ne accorgo.
A un certo punto, è come togliere un velo della persona, che ritorna alla sua luce originaria. È come una rinascita e fa la differenza.
Oggi, c’è una mancanza di ricerca. Tutto resta superficiale, persino l’attività fisica è vissuta in modo superficiale. Persino laddove sembrerebbe esserci un approccio al movimento, laddove tutti parlano di fitness e corrono a iscriversi ai corsi “ di tendenza”, in realtà, c’è una forte mancanza di una reale conoscenza sia del proprio corpo, che del movimento.
Quello che, invece, io voglio raggiungano i miei allievi, attraverso il mio metodo, è proprio uno stato percettivo profondo che porta a una consapevolezza altrettanto profonda e a un reale allineamento mente-corpo.
D: Parli del tuo metodo come un percorso e a tal proposito, uso proprio una tua bellissima frase: «La danza è un viaggio fisico della mente». Ce la puoi spiegare?
SP: Si, certo! Quella frase racconta proprio la filosofia che sta alla base del metodo e che ha animato tutto il mio lavoro di ricerca.
Purtroppo, generalmente, le persone hanno un rapporto pressapochista col proprio corpo, che viene relegato a un mèro supporto della comunicazione verbale, perdendo quello che è, invece, un suo diritto: esprimersi ed avere voce in capitolo.
Ritrovare se stessi, significa restare in ascolto dell’immensità che abbiamo dentro, che è davvero una meravigliosa fonte di arricchimento.
Riscoprire le ragioni del proprio corpo, significa spingere la mente a passeggiare in ogni movimento con rinnovata attenzione e scoprire, all’interno di ogni respiro muscolare, di ogni blocco articolare, racconti da noi dimenticati, parole che abbiamo dimenticato di tradurre.
Significa vivere in perfetta sinergia ogni fase motoria e riassaporare le innumerevoli sfumature che, abitualmente, non percepiamo e che raccontano di noi.
Il corpo registra esperienze ed emozioni e di queste porta memoria e segni.
L’altro ci vede e bisogna sperimentare il suo punto di vista, per comprendere tutti quegli atteggiamenti che allontanano le posture fisiche dai pensieri e dalle parole.
Ciò significa, ripulire, anche, gli schemi di comunicazione e restituire al corpo il suo legittimo diritto alla partecipazione comunicativa.
È un viaggio di liberazione che la mente dovrebbe regalarsi.
Per la persona in generale, a prescindere dal lavoro attoriale in sé, è importante che tutte le sfumature della mente si trasferiscano al corpo e viceversa.
In generale, in questa nostra società contemporanea, la comunicazione si è contratta e questo ha ridotto ancor di più il già esiguo spazio d’espressione del corpo, limitando la fisicità in schemi motori ridotti, viziati e basici, ma, soprattutto, a carico di pochi punti articolari: quelli principali e in eterno sovraccarico.
Far riemergere quella comunicazione, significa allineare la mente al corpo, liberarsi delle costrizioni.
D: Allineare, ovvero, mettere ordine. Infatti una delle parole chiave del tuo metodo è proprio “ordine-corpo”, giusto?
SP: Sì! L’espressione “ordine-corpo” si riferisce, esattamente, alla presa di coscienza.
Il movimento nelle persone è automatico; nel senso che non si bada ai movimenti, a cosa accade nel nostro corpo quando compiamo un gesto piuttosto che un altro.
“Ordine” significa, invece, consapevolezza.
Diventare consapevoli, è un grosso lavoro.
Allineare mente e corpo, significa far coincidere i messaggi verbali e quelli corporei, quindi, il percorso per giungervi, non significa imporre, bensì, rendere consapevoli.
Allineamento non significa sovrapposizione, ma congiunzione d’intenti, sinergia, presenza globale, equilibrio.
Vuol dire: porsi, faccia a faccia, di fronte ai propri gesti involontari e inconsapevoli e rendersene conto, comprenderli e comprenderne la natura.
Come ho detto, il corpo registra esperienze e vissuti, che s’esprimono nei nostri gesti involontari.
Bisogna ritornare alle origini e scoprire il senso cristallino, puro, del senso motorio stesso.
È un fatto che viviamo nella società ed è un fatto che viviamo in maniera osmotica all’interno di essa e col corpo si comunica.
Bisogna passare messaggi puliti. Il movimento è un sottotesto e dice tantissimo e ci fa comprendere tantissimo.
Lavorare col corpo crea un’energia fortissima e una potente empatia, che passano attraverso la pelle. Si aprono canali di comunicazione percettiva e si comprende sia se stessi, che l’altro. Lasciarsi andare a queste energia, significa aprirsi, accettare, conoscersi e appoggiarsi agli altri.
Tutto questo lavoro, effettuato col potente supporto della musica e del carico emotivo ed evocativo di cui essa è portatrice, conduce alla liberazione del corpo e della mente in esso.
D: Il corpo registra il vissuto e ne conserva il ricordo, infatti, l’ultimo aspetto che mi piacerebbe approfondire del tuo metodo, è proprio il “corpo-memoria”. Ce ne parli?
SP: Assolutamente, sì, il corpo registra il vissuto e porta in sé i ricordi delle esperienze.
Basti pensare che il primo modo di comunicare del bambino è proprio fisico-motorio.
Dunque, attraverso il corpo, noi apprendiamo e dargli libertà vuol dire proprio consentire degli eco del nostro vissuto.
Andare a sciogliere determinati blocchi, significa fare proprio questo: liberare il corpo, il quale, ci restituisce tutti i suoi ricordi.
Ritornando all’attore e al suo lavoro, ad esempio, quest’aspetto è importantissimo perché diventa un bacino emotivo-esperienziale molto ricco, cui può attingere.
Con le emozioni, l’attore può giocare sul palco e rendere eccellenti le sue interpretazioni; ma è un aspetto molto importante anche per la persona.
Elaborare il proprio vissuto e andare a fondo delle emozioni, apre un universo immenso di comunicazione, che è fondamentale anche nella vita quotidiana.
L’esercizio del “sogno abitato”, per esempio, che faccio fare in aula, mostra come questa immensa interiorità passi attraverso la pelle e nel contatto divenga un vero e proprio dialogo tra corpi.
Gallery by “Danza 3.0”:
Rubrica “Il personaggio” uscite precedenti:
- 004 Musica: intervista a tre grandi Maestri
- 003 Regia: intervista a Renzo Martinelli
- 002 Lingue: intervista a TiLLiT
- 001 Public speaking: intervista ad Angela Malfitano
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