An American in Paris: recensione al film
AN AMERICAN IN PARIS
Recensione al film
SOLO IL 16 E 17 MAGGIO
SOGNANDO BRODWAY
CON UNO DEI MUSICAL
PIÙ AMATI D’OGNI TEMPO
di Elisa Pedini
AN AMERICAN IN PARIS, nei cinema solo il 16 e 17 maggio (tutte le sale su: www.nexodigital.it), porta la magia di Brodway al cinema, in una nuova versione d’uno dei musical più amati d’ogni tempo.
Per la regia e le coreografie di Christopher Wheeldon e sulle musiche di George e Ira Gershwin, il sogno si dipana tra luci, colori ed eccezionali artisti.
Inoltre, An American in Paris di Wheeldon, ispirato al famosissimo musical di Vincente Minnelli del 1951, che prendeva il suo nome, proprio, dal poema sinfonico di George Gershwin e da cui sono tratte le musiche del film, ci mostra una versione più moderna e se vogliamo ancora più magica di questo film straordinario.
Infatti, questa versione è stata presentata per la prima volta nel 2014 al Théâtre du Châtelet di Parigi, accolta da recensioni estatiche, e si è quindi trasferita al Palace Theatre di Broadway, dove è diventata il musical più premiato della stagione 2015/16, aggiudicandosi quattro Tony® Awards.
Al momento, è in corso un tour in nord America ed è prevista una nuova produzione a Tokyo nel gennaio 2019.
In più, il musical, prodotto nel West End di Londra, si mostra come una spettacolare giostra di colori e di ambientazioni suggestive, oltre a un cast di ballerini e attori d’eccellenza, trasportando lo spettatore, letteralmente, dentro alla magia di Brodway.
Jerry Mulligan, dopo la liberazione di Parigi dal regime nazista, decide di restare nella Ville Lumière.
«Quando si parla di Parigi, si pensa agli Champs-Èlysées, al romanticismo e al formaggio; ma le cose non stanno esattamente così (…)»
È così che, Jerry, apre il musical, descrivendoci una realtà, quella del dopo-guerra, molto dura: non c’è cibo, non c’è elettricità, svastiche ovunque, ogni cosa è nel caos e il terrore regna ancora negli occhi della gente.
Tuttavia, l’amore e la speranza battono nei cuori delle persone e il desiderio più forte è quello di tornare a ridere, di tornare a vivere, di tornare a sperare.
«Tutto inizia all’incirca così» dice Jerry e con un flaschback ci riporta indietro, a quando decise di restare, a quando incontrò Lise, una bella ballerina, a quando s’innamorarono.
Così, sulle note d’una meravigliosa colonna sonora, adattata, arrangiata e supervisionata da Rob Fisher, si comincia a sognare.
Inoltre, una scenografia, magnificente, ma giocata in modo molto intelligente e snello, per quanto concerne la resa delle vie parigine.
Infatti, pannelli spostabili, consentono un rapido passaggio da un’ambientazione all’altra, da una strada all’altra, dando l’impressione di trovarsi, proprio, in mezzo alle vie di Parigi.
Una storia d’amore, quella di Jerry e Lise; ma anche di vera amicizia, tra Jerry, Adam e Henri e di Arte: la danza, la musica e la pittura.
An American in Paris è un’esperienza emozionante, che consiglio vivamente di vivere e godere.
Personalmente, sono rimasta affascinata, rapita.
Lo avrei riguardato, molto volentieri, altre mille volte.
Infatti, questo musical, lascia una forte sensazione di benessere.
Una sensazione magica, come solo il sogno di Brodway è in grado di fare.
Gli occhi e l’anima si riempiono di colori, musica ed emozioni.
Ci tengo a sottolinearlo, perché, in realtà, An American in Paris, è molto lungo.
Nonostante questo, il tempo scorre in un attimo. Giusto il tempo d’un sogno a occhi aperti.
Infine, menzione speciale merita il cast, veramente eccezionale e composto da oltre cinquanta persone tra ballerini, attori e musicisti.
Qui, mi limiterò a segnalare, in modo particolare, i protagonisti: Robert Fairchild, primo ballerino del New York City Ballet che interpreta Jerry Mulligan e la ballerina del Royal Ballet, Leanne Cope, nel ruolo di Lise Dassin.
Inoltre, Haydn Oakley, come Henri Baurel e David Seadon-Young come Adam Hochberg.
Gallery by Johan Persson from Three Mills Rehearsal studios per gentile concessione Ufficio Stampa Nexodigital:
Trailer by Ufficio Stampa Nexodigital:
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