VERONA OPERA FESTIVAL 2018: RECENSIONE A “IL BARBIERE DI SIVIGLIA”
IL BARBIERE DI SIVIGLIA
ALL’ARENA DI VERONA FINO AL 30 AGOSTO
UNO SPETTACOLO SCOPPIETTANTE, IN OGNI SENSO, CHE INCANTA, DIVERTE E SEDUCE
VIRTUOSISMI MUSICALI DI RARO INCANTO, INTERPRETI DI NOTEVOLE PREGIO IN UNA SCENOGRAFIA DA SOGNO
di Elisa Pedini
Il Barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini è il quinto titolo dell’Opera Festival dell’Arena di Verona di quest’anno.
Amatissima opera buffa, che offre un doppio tributo: quello dei settant’anni dalla prima rappresentazione sul palco areniano del 1948 e quello dei 150 anni dalla morte di Rossini.
Uno spettacolo straordinario, estasiante, che vado senza indugi a descrivervi.
Per la regia, scene, luci e costumi del geniale Hugo de Hana, questo Barbiere di Siviglia promette e mantiene un’atmosfera di magia.
Così, lo spettatore è trasportato in un giardino fantastico, dove rose maestose, farfalle eleganti e siepi lussureggianti, si muovono in un leggiadro rondò, incorniciando la scena e danzando con cantanti e ballerini.
In conferenza stampa, il Maestro Daniel Oren, che ha diretto le due prime rappresentazioni de’ Il Barbiere di Siviglia, ha promesso e mantenuto, i virtuosismi del grande Rossini, trasportando il pubblico in un sogno dalle sonorità settecentesche.
Ritmi morbidi, virtuosismi musicali sopraffini hanno caratterizzato la sua direzione.
Forse, fin troppo aulici e ricercati per essere completamente appresi e apprezzati da orecchie non musicalmente educate.
Tuttavia, posso garantirvi, che nulla può essere più sublime del suono melodioso dell’ottavino che s’alza, sorprende e ammicca all’orecchio dello spettatore.
Che dire, poi, della magia estatica del cembalo, che accompagna i recitativi, in un immaginario pas-à-deux tra voce e melodia.
Per me, che amo l’attenzione ai dettagli, le sfumature virtuosistiche, la ricercatezza dell’impasto timbrico, assistere a questo Barbiere di Siviglia, è stata una vera e propria estasi.
Certo, posso concedere che qualcuno veda crearsi un’increspatura tra la ricerca d’una sonorità tradizionale e una regia e scenografia che non sono settecentesche.
Tuttavia, ci troviamo in un giardino magico, senza luogo e senza tempo.
Infatti, amore e gioia nutrono quelle fantastiche rose purpuree che riempiono il palco e tali sentimenti sono i protagonisti de’ Il Barbiere di Siviglia.
Dunque, insisto sulla grandezza e sulla maestosità delle scelte fedeli alla tradizione del Maestro Oren, che, non solo sono di altissimo pregio stilistico, ma hanno anche evidenziato una bravura fuori dal comune, tanto da parte dell’orchestra, quanto da parte dei cantanti.
D’altronde, anche in conferenza stampa, il Maestro Oren, aveva sottolineato d’aver lavorato con professionisti d’altissima eccezione.
Ad ogni modo, dalla replica del 17 agosto, a dirigere Il Barbiere di Siviglia sarà il Maestro Andrea Battistoni.
Comunque, resta ferma la scelta della direzione artistica di tagliare l’ultima Aria del Conte d’Almaviva.
A questo punto, mi piace indulgere, in modo particolare, proprio sull’eccezionalità del cast, che seduce e trascina il pubblico dal palco areniano.
Parto dal colosso di questo Barbiere: Leo Nucci, che ci ha portato in scena un Figaro, senza età e senza tempo.
Una voce baritonale, potente, sicura, nitida; un registro forte e acuto; una freschezza e agilità di accenti e variazioni, nonché di movimenti, che lo osannano, ancora e per sempre, un mostro sacro della lirica.
Generoso, brioso, dirompente, concede senza indugi il bis sulla cavatina “Largo al Factotum”, che il pubblico a gran voce acclama. Un vero incanto.
Altro colosso sul palco dell’Arena per questo Barbiere, è il basso Ferruccio Furlanetto, che ci regala un Don Basilio, potente, severo, caricato.
D’altronde, non possiamo dimenticare che Don Basilio è un Maestro, quindi, è, severo.
Difatti, a renderlo risibile, sono la sua ipocrisia, la sua bassezza; in altre parole, la sua bieca umanità.
Ecco, questo, a mio avviso, è un punto da tenere bene a mente.
Il Barbiere di Siviglia è un’opera buffa; ma i protagonisti non sono caricature, non sono “caratteri” molieriani, sono personaggi a tutto tondo.
In questo, il cast eccezionale della rappresentazione areniana risponde perfettamente, calandosi pienamente nella psicologia dei personaggi e dando loro vita pura sul palco.
Dunque, suona realisticamente sublime la famosa Aria “La calunnia è un venticello” che con timbro profondo e suadente, proprio come un “venticello” ci regala il Furlanetto.
Altrettanto convincente e pienamente reso sul palco è il Don Bartolo del basso Carlo Lepore.
Viscido tutore di Rosina, anch’egli ipocrita, profondamente opportunista.
Ed eccolo lì, in carne e ossa, ad ammiccarci dal palco.
Infatti, l’interpretazione di Lepore risulta sublime e impeccabile: con timbro caricato e convinzione ci fa ridere di questo gran Dottore, umanamente così piccolo.
A tal riguardo, cito l’incantevole esecuzione dell’Aria “A un dottor della mia sorte”, che prevede un sillabato sostenuto, eseguito con magistrale tecnica.
Menzione d’onore merita l’incantevole soprano Nino Machaidze, irresistibile Rosina di questo Barbiere areniano.
Difatti, la sua voce strepitosa, dal registro ampio e dal tono profondo, non conosce incertezze, né ombre, nonostante e questo va sottolineato, la parte di Rosina sia per un mezzosoprano. Semplicemente, straordinaria.
Nino ha una resa e una padronanza sceniche perfette, che fanno letteralmente prendere vita al personaggio.
Infatti, Rosina è una fanciulla bella e giovanissima e per questo, anche frivola, vezzosa, vanitosa.
È un personaggio adorabile e Nino ce la porta in scena proprio così, con simpatia, naturalezza e con una gran classe.
Qui, mi piace sottolineare l’interpretazione sublime della cavatina “Una voce poco fa”, che Nino riesce a rendere in modo irresistibile.
Vien quasi voglia d’alzarsi e andarla ad abbracciare!
Volutamente per ultimo ho lasciato l’esordiente tenore Dmitry Korchak, nel ruolo del Conte d’Almaviva, che non solo risulta convincente, ma che non sfigura vicino a mostri sacri quali Nucci e Furlanetto.
A tal proposito, mi viene da riflettere che non sia punto cosa semplice, debuttare su un iridato palco come quello dell’Arena di Verona, al fianco di colossi di tal calibro.
Ciò, mi rende l’interpretazione di Korchak, già di per sé di tutto rispetto, ancor più di pregio.
Impeccabile e chiaro il fraseggio, il registro ampio e acuto e il tono deciso rendono la sua esecuzione di pregio, tanto nei toni sognanti e romantici, quanto in quelli più comici o seriosi.
Infatti, passa con disinvoltura e senza esitazioni dall’innamorato, ai vari “travestimenti”: il soldato ubriaco, il maestro di musica.
Inoltre, gode di presenza scenica e armonia nei movimenti, coadiuvati da un personale molto elegante, che gli consentono di dare piena vita al Conte rossiniano.
Per concludere, va sottolineato lo straordinario corpo di ballo dell’Arena di Verona, che, per le coreografie di Leda Lojodice, completa perfettamente questa produzione di notevole pregio.
In più, non posso non sottolineare lo scoppiettante finale a sorpresa, che ha lasciato il pubblico a bocca aperta e occhi sognanti, come un bimbo davanti a una vetrina di giocattoli.
Il Barbiere di Siviglia di questo 96° Opera Festival dell’Arena di Verona è, davvero, una produzione eccellente che fa bene all’anima, alle orecchie e agli occhi. Da non perdere, che siate melomani appassionati, od occasionali.
Gallery by Ennevi per gentile concessione Fondazione Arena di Verona:
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