“LA VIDEOTECA”: LAS TRECE ROSAS
«LA VIDEOTECA»
Rubrica di film selezionati da noi
LAS TRECE ROSAS – LE TREDICI ROSE
ON DVD
di Elisa Pedini
LAS TRECE ROSAS, è il film protagonista del primo appuntamento di questo nuovo Anno Accademico, della rubrica “La videoteca” su Kainós® Magazine.
Il cinema è cultura ed è importante avere una buona videoteca in casa.
Per questa ragione, vado a proporvi dei film che, secondo me, hanno valore e spessore, sia da un punto di vista di prodotto cinematografico, che anche e soprattutto, per la tematica trattata.
Las trece Rosas è un film storico, che va ad approfondire e chiudere, dal punto di vista cinematografico, la tematica dei regimi totalitari.
Inoltre, ci apre un’altra tematica, dal punto di vista registico, ovvero: la cinematografia spagnola.
LAS TRECE ROSAS: dati tecnici
Uscita film: Spagna, 2007; Italia, 2009
Regia: Emilio Martínez Lázaro
Fonti storiche:
Aprile 1939, Madrid.
La lunga e sanguinosa Guerra Civile Spagnola volge al termine e le truppe della Resistenza ripiegano in ritirata.
La Repubblica crolla e s’instaura la dittatura militare del Generalísimo Francisco Franco.
Fortemente sostenuto e aiutato dalla Germania nazista e dall’Italia fascista, mette immediatamente in atto la sua politica repressiva.
Tra l’occupazione di Madrid da parte dell’esercito franchista e la fine della Guerre Civile, il movimento dei giovani socialisti: Juventudes Socialistas Unificadas (JSU) cerca di riorganizzarsi clandestinamente.
Infatti, i maggiori esponenti del Partito Comunista di Spagna (PCE) e del JSU erano espatriati sotto la guerra, lasciando l’organizzazione in mano a militanti poco significativi.
Pertanto, i giovanissimi membri del JSU, sotto la guida dell’appena ventunenne José Pena Brea, segretario generale del comitato provinciale del JSU, cercano di riorganizzare la propaganda.
Purtroppo, José è arrestato e sottoposto a brutali torture.
Così, lo obbligano a fare i nomi dei membri a lui noti.
Inoltre, un membro della polizia s’infiltra nell’organizzazione e aiuta a completare la cattura dei giovani “Rojos”, ovvero i socialisti.
In più, all’arresto di tutti, membri, affiliati e simpatizzanti, gioca un ruolo importante il fatto che i giovani militanti non avevano avuto il tempo di distruggere tutto il materiale propagandistico, che le truppe franchiste trovano e requisiscono all’atto stesso dell’occupazione di Madrid.
In realtà, la maggioranza degli arrestati non facevano neppure parte della riorganizzazione clandestina, o vi erano appena entrati.
Ovviamente, i prigionieri sono accusati di resistenza armata e di tramare contro il regime.
Subiscono tutti brutali interrogatori e atroci torture, che non portano risultati, perché sono tutti estranei alle accusa.
L’assassinio del comandante Isaac Gabaldón, importante esponente all’interno dell’apparato repressivo franchista, induce il regime a volere una punizione esemplare.
Ad aggiungersi, un ventilato progetto di uccidere il Caudillo.
Naturalmente, nessuno degli arrestati sa nulla di quanto accaduto, o supposto.
Dopo un processo farsa, tenuto in un tribunale militare, viene emessa la sentenza di condanna a morte per tutti.
Fra questi giovani militanti, ci sono anche tredici giovanissime donne, di cui, la maggior parte, minorenni.
Tradotte alla stazione di polizia vengono anche loro interrogate e sottoposte a torture atroci.
Quindi, vengono spostate nel carcere femminile di Ventas.
Costruito per ospitare 400 detenute circa, ve ne vengono rinchiuse ben 4000.
La storia ricorda quelle tredici fanciulle, fucilate il 5 agosto del 1939 presso il “Cemeterio de la Almudena” di Madrid, come “Le tredici Rose”, quali simbolo del coraggio e della strenua resistenza.
Con la scusa dell’assassinio del comandante Gabaldón, il regime franchista fucilerà circa 364 persone.
In realtà, gli ideatori, nonché esecutori dell’attentato furono solo tre uomini, tutti fucilati il 6 agosto 1939.
Cast:
Pilar López de Ayala, Verónica Sánchez, Gabriella Pession, Marta Etura, Nadia de Santiago, Teresa Hurtado de Ory, Bárbara Lennie, Alba Alonso, Celia Pastor, Silvia Mir, Sara Martín, María Cotiello, Miren Ibarguren, Carmen Cabrera, Félix Gómez, Fran Perea, Enrico Lo Verso, José Manuel Cervino, Asier Etxeandia, Alberto Ferreiro, Empar Ferrer, Arantxa Aranguren, Luisa Martín, María Isasi, Marta Aledo, Nacho Fernández, Patrick Criado, Benito Sagredo, Raúl Jiménez, Secun de la Rosa, Maite Blasco, Úrsula Murayama, Adriano Giannini.
LAS TRECE ROSAS: recensione al film
Madrid, 1939.
«Noi vogliamo la pace!»
«A che serve la pace se non abbiamo la libertà (…) se non c’è la dignità?!».
Così, Carmen e Virtudes aprono il film.
Sono in piedi su un palco, davanti alla “Casa del Pueblo”, sede, serrata e cadente, del partito socialista.
Parlano di libertà, di dignità, di lottare contro il fascismo.
Intanto, le truppe della resistenza battono in ritirata dal fronte.
La Guerra Civile volge al termine. L’era della dittatura sta per avere inizio. La gente scappa, prendendo su poche cose dentro a una valigia.
Anche un giovane, Teo, fa ritorno dal fronte e si reca al “Círculo Aída Lafuente”, dove Julia e Adelina lo accolgono con affetto.
Il circolo è un luogo di sostegno e aiuto, dove le persone vengono accolte e trovano cibo.
Teo nota, in bella vista su una credenza, uno schedario.
Dentro, ci sono le tessere di tutte le aderenti al Circolo con tutti i loro dati.
Preoccupato, Teo dice a Julia che va tutto distrutto.
Tuttavia, la ragazza non si spiega il perché, non vedendo niente di male in quello che fanno. L’allarme antiaereo interrompe la conversazione e fa scappare tutti. La scatola resta lì, dimenticata.
Sono tutte fanciulle giovanissime, semplici, ingenue. Julia è bigliettaia, Virtudes e Carmen bambinaie.
Sono, tutti, ragazzi giovanissimi.
Infatti, l’amore, la leggerezza, gli ideali fremono nei loro giovani cuori.
Teo, Adelina e Julia vanno in un locale ad ascoltare musica.
Si esibiscono Enrique, violinista e cantante e Juan Cànepa, al clarinetto.
Blanca, moglie di Enrique, è lì col figlio ad ascolatre il marito.
Cadono le bombe. Tutti si rifugiano sotto i tavoli.
Così, Blanca, Adelina e Julia si conoscono.
Nel mentre, Enrique dice a Juan che, seppur sono due semplici musicisti che nulla hanno da temere, Juan è stato attivo nel sindacato e farebbe meglio a scappare, offrendosi di dargli del denaro per affrontare il viaggio e mettersi in salvo.
Nel frattempo, il padre di Adelina, sergente della Guardia Nacional, comunica ai suoi uomini che l’arma viene sollevata ed esautorata, per «depurazione da responsabilità politiche» secondo il dispaccio del «quartier generale del generalissimo».
I soldati fanno domande, com’è naturale.
A questo punto, la pesantezza è evidente. La libertà, anche di domandare, quella libertà di cui parlavano Carmen e Virtudes all’inizio del film, sotto un regime, non ha diritto d’essere e la Spagna l’ha appena, completamente, persa.
Qui, termina il set-up del film. I personaggi ci sono stati presentati.
Da questo momento, partono le azioni che produrranno i tragici effetti.
Primo, Blanca ed Enrique.
I coniugi, decisi ad aiutare Juan a salvarsi, mettono insieme tutti i loro risparmi e la donna li porta all’amico.
Tuttavia, Juan vive con la suocera e la cognata, le quali lo incolpano della morte della moglie e lo odiano.
In realtà, Blanca è di destra e cattolicissima. È solo un’amica che aiuta un amico.
Ma, per le due donne, che nulla sanno di lei, è, comunque, parte degli «amici bolscevichi» di Juan. Esasperato e commosso dal gesto dei due coniugi, Juan se ne va insieme a Blanca.
Nonostante ciò, le due donne vanno a denunciare Juan e parlano anche della donna.
Pronunciano parole insensate, arbitrarie, per pura ripicca. Parlano di armi, quando non è vero.
Parole senza senso, che, però, segnano il destino di Juan, di Enrique e di Blanca.
Perché a un regime, non interessa la verità, basta una parola, anche a vanvera.
Ovviamente, vengono tutti arrestati.
Naturalmente, le prove non ci sono a sostegno delle calunnie, ma, come ho già detto, a un regime, non interessano né prove, né verità.
Secondo, Teo.
Il ragazzo torna a casa dei genitori. Un soldato gli apre la porta.
Infatti, una vicina di casa li ha denunciati e sono stati deportati. Anche lui, viene preso e torturato.
Non sopportando la situazione, il ragazzo diventa un informatore del regime ed è l’inizio della fine.
Teo conosce tutti: la pensione che fa da copertura alla stamperia dei volantini, lo schedario del Circolo e sa dei nastrini che le ragazze portano per potersi riconoscere.
Terzo, l’ingenuità.
Nonostante gli avvertimenti che la situazione si sta facendo drammaticamente pericolosa e che non è affatto un gioco, i giovani cuori delle fanciulle non vedono il pericolo.
Di fatto, hanno ragione.
La lotta armata non è interesse di nessuno di questi giovani. Loro, lanciano volantini, non bombe.
«Questa propaganda mi sembrava così infantile…» dice Julia, mentre, obbligata dalla madre e dalle sorelle, brucia dei banalissimi volantini.
Non si rende minimamente conto di quanto sia pericolosa un’idea per un regime.
Tra una bomba e un volantino, per un sistema di dittatura totalitaria, non c’è differenza alcuna. Anzi, teme più le idee su un pezzo di carta, delle bombe.
Sono i cervelli che vanno spenti e non le armi, secondo il metro usato dal totalitarismo che si fonda, proprio, sull’uso delle armi, della violenza e del terrore.
«…quattro donne! Bisognerebbe essere dei mostri! …» dice sempre Julia, alla madre e alle sorelle che temono per l’incolumità sua e delle altre.
Fa tenerezza quest’ingenuità. Le labbra, quasi s’increspano in un sorriso, mentre si deglutisce a fatica; perché, sì, un regime non risparmia nessuno, neppure i bambini.
E ancor più candore nelle leggere parole di Carmen: «Con il nastrino di tela possiamo riconoscerci per la strada e scambiarci le novità!».
Entusiasta, felice, come una bimba davanti a una vetrina di giocattoli. Perché, Carmen, fra l’altro, è davvero poco più che una bambina.
Quarto, il senso ottuso del dovere.
Lo schedario del Circolo rivela l’identità di Adelina.
Così, ordinano al padre di condurla al distretto per farle alcune domande.
Nonostante l’uomo abbia volutamente fatto allontanare la figlia per tenerla al sicuro, per lui conta «più il senso del dovere che l’affetto».
Così, obbliga la figlia a presentarsi, consegnandola, di fatto, ai suoi carnefici.
Vengono tutti arrestati.
Un processo farsa li condanna tutti a morte.
Il 5 agosto del 1939, nel Cemeterio del Este alle porte di Madrid, vengono fucilati 43 giovani uomini e 13 donne, la maggior parte delle quali, minorenni.
Queste tredici fanciulle che, a testa alta, affrontarono il plotone d’esecuzione, vengono, oggi, ricordate come “Las trece Rosas”, le tredici Rose.
I documenti e le lettere, citati e letti in Las trece Rosas, sono tutti autentici.
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Rubrica “La videoteca” uscite precedenti:
- 006 «Il muro di gomma»
- 005 «Colonia»
- 004 «Piazza delle cinque Lune»
- 003 «Ustica»
- 002 «Land of mine – Sotto la sabbia»
- 001 «Lettere da Berlino»