OLTREPAROLA: INTERVISTA AD ALFREDO RAPETTI MOGOL
OLTREPAROLA
IN MOSTRA FINO AL 20 OTTOBRE
PRESSO LA GALLERIA VS ARTE
IN CIOVASSO 11 MILANO
INTERVISTA ALL’ARTISTA DELLA MOSTRA:
ALFREDO RAPETTI MOGOL
QUANDO LA PAROLA DIVENTA ARTE FIGURATIVA
di Elisa Pedini
Quando ho visto la mostra Oltreparola ne sono rimasta così affascinata che ho sentito il bisogno, quasi l’urgenza, di parlarne direttamente con lui, l’artista: Alfredo Rapetti Mogol.
Soprattutto, tutti i miei studi, il mio lavoro, i miei hobby, ruotano attorno alla parola e all’uso della stessa.
Per me, le parole sono oggetti, pesanti, importanti, preziosissimi e le frasi sono vere e proprie azioni. Usare un termine piuttosto che un altro, non è la stessa cosa.
Come dice lo stesso Alfredo nell’intervista, le parole sono impronte psichiche e parlano di noi più di quanto si possa lontanamente immaginare.
Esprimere significa riconoscere la propria identità, sia psichica che sociale e il valore della parola non può e non deve, andare perduto.
Con queste premesse, è assolutamente normale che io sia rimasta, letteralmente, incantata dalla mostra di Alfredo e dal messaggio potente che essa trasmette.
Pertanto, lascio, a lui, la parola.
D: Alfredo, ci puoi parlare della genesi della tua arte per favore?
ARM: La parola è stata alla radice del mio lavoro.
Nel mio caso, la parola è nell’humus di famiglia. Mio padre (Giulio Rapetti Mogol, n.d.r.) ha lavorato tanto con la parola, ne ha fatto la sua vita, andando a creare, anche, espressioni, che sono divenute dei veri e propri modi di dire nella lingua italiana. Basti pensare a “lo scopriremo solo vivendo”, tanto per citarne una.
D’altronde, le parole sono importanti, sono impronte del pensiero.
Infatti, la scrittura è umana, fa parte di noi stessi. Essa rappresenta la coscienza, di noi stessi, della memoria e dell’identità umane.
Inoltre, tutti i passaggi importanti della nostra vita sono scritti: un matrimonio, una nascita, l’acquisto d’una casa, ecc.
È un fatto che, noi, su questa terra, lasciamo la scrittura.
In più, la calligrafia è importante perché rappresenta la personalità, parla di noi.
Oggi, purtroppo, non si scrive più a mano ed è una grave perdita.
Quindi, la parola, fa parte della mia vita e quando è passata nella pittura, mi sono ritrovato totalmente.
Tra memoria, coscienza di sé e carattere, ho sentito che ero io, completamente, a prescindere dal materiale utilizzato.
D: C’è un’opera in mostra su cui ti senti d’attirare maggiormente l’attenzione del pubblico?
ARM: Secondo me, l’opera funziona un po’ come un amore a prima vista.
In altri termini, il rapporto con l’arte è molto intimo e personale.
Quindi, non c’è un’opera in particolare. Quello che consiglio è di guardarsi intorno, con curiosità e lasciare che sia l’opera ad attirare l’attenzione.
L’arte è come uno specchio, rispecchia l’anima di chi guarda. Ognuno ha la sua opera.
Sicuramente, guardare, allenare l’occhio ad osservare, perché questo significa diventare capaci di vedere il bello, ovunque.
Penso che sia la sensibilità estetica che si fa contenuto e quindi, messaggio emotivo, che diviene, poi, interpretazione dell’opera.
D: Quali nuovi progetti o opere hai per il futuro?
ARM: Come mostre, sarò a Pietrasanta, , poi a Torino e poi, a Venezia.
Invece, per le opere, mi sto concentrando, soprattutto, sui materiali. Un lavoro di ricerca per trovare fascino, vita, comunicazione, come, per esempio, i riflessi che la luce da sul piombo.
Alfredo Rapetti Mogol all’inaugurazione della mostra Oltreparola – gallery by Roberto Meneghin per gentile concessione dell’Ufficio Stampa:
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