MISSA DE ALCAÇUZ: recensione all’evento
MISSA DE ALCAÇUZ
RECENSIONE ALL’EVENTO
UN CONCERTO DALLE SONORITÀ RICERCATE E PARTICOLARI QUELLO DELL’EVENTO DEL 9 NOVEMBRE
NELLA SPETTACOLARE CORNICE DELLA CHIESA DI SANTA MARIA DEL CARMINE A MILANO
di Elisa Pedini
Un one-shot event di altissimo pregio quello che ci ha offerto la rete culturale Cantosospeso la sera del 9 novembre nell’incantevole cornice della chiesa di Santa Maria del Carmine, nel cuore di uno dei più suggestivi quartieri di Milano: Brera.
La Missa de Alcaçuz è un componimento relativamente recente, del 1996, da parte del compositore Danilo Guanais.
Letteralmente, il titolo significa Messa della Siccità e raccoglie una serie di canti popolari brasiliani.
Purtroppo, opera poco nota e raramente proposta e volutamente, in questo incipit, la sintetizzo in questo modo elementare, quasi banale.
Di fatto, voglio che sia la musica stessa a parlare di sé e cercherò, in questa recensione, attraverso le mie parole, di portarvici dentro e di farvela assaporare.
Debbo ammettere, che neppure io conoscevo questa composizione e d’essa si trovano ben poche informazioni.
Quando lo spettacolo mi venne proposto dal Quartetto César, che, quella sera, si esibiva con gli archi di Cantosospeso, rimasi profondamente incuriosita da quella che mi veniva presentata come un’opportunità d’ascoltare sonorità diverse.
In verità, mi si stava offrendo la più grande occasione di vivere un’esperienza musicale, non solo di grande originalità; ma anche, di notevole pregio.
Esattamente, il componimento, diviso in più brani, mostra la commistione molto intelligente di generi diversi.
Così, va a ricreare un panorama sonoro variegato; ma compatto.
Il risultato è un effetto fortemente coinvolgente e d’impatto profondo.
A tal proposito, mi piace indulgere in alcune precisazioni poetiche e musicali per consentire la comprensione dell’importante sostrato culturale che sottende la Missa de Alcaçuz e di fatto, tutte le composizioni di Danilo Guanais.
Pertanto, sottolineo che i canti popolari proposti si rifanno alla tradizione trobadorica della penisola iberica.
Quindi, sono composizioni medievali importate attraverso la colonizzazione portoghese.
Il materiale che sta alla base della Missa de Alcaçuz e del titolo della medesima deriva da un’opera di quello che è considerato un luminare della storiografia folcloristica brasiliana del Rio Grande del Nord: Deífilo Gurgel.
Questi, professore universitario, antropologo, storiografo e folclorista, ha dedicato la sua ricerca alla raccolta dei “romances hispánicos”, tra il 1985 e il 1995.
Trattasi, come detto, di composizioni trobadoriche, “histórias cantadas”, tramandate oralmente attraverso i secoli e che tracciano la storia d’un intero popolo, quello brasiliano e per la precisione del Rio Grande del Nord.
Infatti, è qui la culla della letteratura dei cantastorie “del cordel” e dei romances, dove il sapore del folclore cinquecentesco portoghese s’impregna dei toni brasiliani e nordestini.
Gurgel pubblicò numerose opere relative al folclore e Guanais ne trae altrettante composizioni.
Tuttavia, l’opera di Gurgel che è qui di riferimento è il suo Romanceiro de Alcaçus.
Da questo, Guanais trae varie melodie, sublimandone le connessioni popolari in una “Música Armorial”, ovvero musica colta, aulica.
Qui, apro una parentesi, il termine “Armorial” deriva dall’araldica medievale e serviva anche per descrivere le canzoni del romancero e i suoni della viola o della rabeca dei cantores.
In più, il Brasile è una terra che ha «tre cuori», parafransando le parole d’un grandissimo campione brasiliano.
Ne consegue, che la sua musica non sia da meno, unendo la cultura borghese europea della bossa nova, al ritmo tonico e sincopato della cultura africana del lundu, al carattere e al temperamento della cultura degli indios.
Per immergersi nella magia della potente sonorità della Missa de Alcaçuz bisogna, assolutamente, tenere a mente tutto questo.
Allora, sì, che si è pronti ad assaporare quel gioiello di genialità musicale che è questa composizione.
Laddove, Guanais ricorre al doppio discanto per donarci un unicuum, costruito su sequenze melodiche che si sovrappongono in un flusso coerente e sorprendente di progressioni armoniche.
Inoltre, mi piace fortemente sottolineare la magistrale esecuzione sotto ogni punto di vista: interpretativo, strumentale, corale, direttivo.
La Missa de Alcaçuz ha aperto con un brano strumentale di due grandi artisti: il Maestro Lulinha Alencar alla fisarmonica e il Maestro Caito Marcondes alle percussioni.
Qui, voglio sottolineare una piccola curiosità.
Il superlativo Caito ha aperto l’esecuzione suonando, letteralmente, una sorta di molla rigida.
A fine concerto, non ho potuto non andare a chiedere il nome di quello strumento, così strano e originale.
Con un sorriso magnifico il Maestro Marcondes mi ha risposto:
«Non ce l’ha, perché è mio esclusivo. L’ha inventato un mio amico brasiliano apposta per me.»
A quel punto, la commozione è stata massima.
Non solo avevo assistito a un grande concerto; ma avevo avuto anche l’onore di sentir suonare uno strumento unico al mondo.
Date le premesse fatte, non sorprenderà i lettori leggere che all’apice del pathos lirico, laddove la melodia del violino del Maestro Bruno Tripoli veniva sostenuta da quella del secondo violino del Maestro Angela Woon Young Kang, espansa dal suono caldo della viola del Maestro Marco Varisco e portata verso l’infinito dal tocco delicato e puntuale del violoncello del Maestro Elisa Ladonna; ecco sovrapporsi la melodia della fisarmonica dello straordinario Maestro Alencar.
E ancora, sul piano degli archi che si dipanava alle orecchie dolce come Zefiro, attaccava la melodia soffusa e lenta della fisarmonica.
In più, mentre l’impeccabile coro di Cantosospeso ci riportava quasi al sapore dei canti ecclesiastici medievali in un climax di commovente lirismo; ecco intervenire il suono caldo e grave del contrabbasso del Maestro Massimo Clavenna e sorprenderci l’intrapuntarsi della melodia della chitarra del Maestro Marco Longhi e poi, subentrare quella delle percussioni del Maestro Marcondes.
Ora, impossibile non percepire i colori e il calore del Brasile.
Magnifico il susseguirsi sistemico di melodie ascendenti e discendenti, che potrebbero tranquillamente costituire dei magnifici assolo.
Invece, esse si fondono in un quadro di sublime magia nell’alternarsi costante di tensione e riposo.
Infine, è doveroso un tributo particolare al Direttore, Martinho Lutero Galati De Oliveira.
Semplicemente, sublime nella sua direzione appassionata ed energica; ma puntuale, precisa al millimetro, quasi chirurgica.
Concludo sottolineando che l’incasso dell’evento era devoluto dalla rete culturale Cantosospeso alla riforestazione del Brasile.
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