Ancora pochi giorni per vedere la mostra di Pignatelli a Firenze
Redazione Kainós Magazine®: comunicato stampa
MOSTRA
Luca Pignatelli
In un luogo dove gli opposti stanno
PRESSO
GALLERIA POGGIALI
Via della Scala, 35A/Via Benedetta, 3R, 50123, Firenze
IN CORSO FINO ALL’8 FEBBRAIO
Ultimi giorni per la mostra personale In un luogo dove gli opposti stanno Luca di Pignatelli a Firenze presso la Galleria Poggiali.
L’esposizione consente di vedere una serie di lavori inediti, che scavalcano la linea di demarcazione tra astratto e figurativo, tra citazione e arte povera.
La mostra si dipana nei due spazi di via della Scala e di via Benedetta.
Una mostra coraggiosa costruita per “assoli” che convivono nello stesso luogo.
Sono opere costruite con teloni pesanti tagliati a strisce e pezzature di dimensioni varie, ricucite assieme.
I supporti sono in diversi casi marchiati da scritte e cifre di matrice industriale.
Elementi grafici che dichiarano un’appartenenza e una provenienza.
Testi che ricordano epigrafi o dediche sui monumenti e nei dipinti antichi.
I teloni sono assolutamente monocromi, superfici mai piatte, dove l’immagine completa è data dalla gradazione della verniciatura, che è già un racconto e parla da sé, nonché dalle diverse sezioni geometriche del supporto ricomposte in unità visiva ed espressiva, come patchwork secondo una usanza domestica di riciclo e risparmio, in voga fin dai primordi.
A questi teloni – carichi di un rosso iodio o di verde petrolio, oppure del colore della malva o della prugna – si aggiungono altri lavori pittorici realizzati sempre con teloni ferroviari coperti però in questo caso da una pittura metallica color argento.
All’aspetto moderno dei teloni monocromi si contrappone questo modernista dell’allumino.
La superficie in questi casi è diversamente luminosa ed è lavorata con segni grafici, incisioni e abrasioni.
Al centro dell’opera è fissata con un procedimento meccanico una testa eroica, di imperatore romano.
Sono quadri monumentali non per dimensioni ma per scelta poetica e iconografica.
Nel primo caso invece il tono alto e imponente è dato dalla scelta del monocromo e del linguaggio astratto.
La combinazione in mostra delle due opposte fazioni espressive è vincente.
La povertà dei teloni ha il suo peso, il materiale porta con sé una sua storia.
L’astratto, in definitiva, non è tale.
È una struttura narrativa astratta complessa realizzata togliendo dati figurativi ma non privandola di ‘anima’.
D’altro canto, anche i quadri iconici non appaiono riducibili al solo linguaggio figurativo, visto che alla citazione archeologica dominante al centro sono stati aggiunti episodi grafici significativi, di natura gestuale e informe.
La fredda e vuota citazione, la superficiale suggestione dell’antico, è qui carica di ferite e cicatrici, di un vissuto esistenziale, di una pelle e di un corpo che ci raccontano un proprio originale vissuto.
Il titolo della mostra a cura di Sergio Risaliti vale come uno statement e lascia intendere come il campo dell’arte – e in particolare quello della pittura – sia quel luogo – nel mondo e nella realtà – “in cui gli opposti stanno”.
Ancora una volta Pignatelli mette sotto indagine il suo percorso creativo, senza tradirlo, o rinnegarlo, ma insistendo nella sperimentazione, indagando le possibilità espressive e formali della pittura oggi.
La presenza di linguaggi opposti innalza la poesia delle immagini a una dimensione quasi sacrale, svuotando di retorica gli stili per fare posto alla narrazione povera dei materiali, quella empatica dei monocromi, al vissuto delle superfici, armonizzando questi materiali così risonanti ed espressivi con le strutture geometriche del supporto, con il codice iconico delle teste.
Costruendo i suoi ‘quadri’, Pignatelli si comporta come un musicista classico contemporaneo che fa dell’avanguardia un repertorio tra i tanti e che nelle sue composizioni sperimentali fa stare assieme – ma stare bene e con un senso che non è solo linguaggio e forma, ma poesia ed espressione – materiali di diversa natura e provenienza, storie e contesti differenti, perfino suoni e vocaboli discordanti.
L’artista continuando con ostinata fedeltà a fare pittura, cercando ragioni d’essere profonde alla sperimentazione in pittura, lavorando sui materiali, i repertori iconografici, i colori, l’assemblaggio, fa del quadro uno strumento possibile e praticabile della azione politica.
Risparmio, riciclo, recupero della memoria, archeologia delle immagini, ossessione dell’archivio, sono tutte operazioni inerenti il suo lavoro di pittore che non rifiuta il confronto con la realtà e la società, ma lo fa affermando la specificità e centralità del linguaggio artistico, in specifico quello del pittore che all’interno della sua opera è in grado di far stare gli opposti, senza tuttavia svuotarli di originalità e differenza.
Notizie correlate 2020:
- Mario Schifano. Qualcos’altro: recensione alla mostra
- Materie, spazi, visioni al Building: recensione alla mostra
- New Urban Body a Torino: comunicato
- Un Rembrandt dall’Ermitage: comunicato
- Ho steso un lenzuolo per terra mostra a Milano: comunicato
- Mario Schifano. Qualcos’altro: in mostra a Milano: comunicato
- Underfoot: mostra in corso a Milano: comunicato
Archivio:
- Aleksandra Domanovic: comunicato
- Mauro Restiffe: History as landscape: comunicato
- Monica Bonvicini: As walls keep shifting: comunicato
- Micaela Lattanzio. Corpus Imago: comunicato
- Francesco Gennari: Sta arrivando il temporale: comunicato
- Francesco Bosso: Primitive Elements: comunicato
- Vincenzo Agnetti: Autoritratti Ritratti: comunicato
- Giuseppe Uncini – La conquista dell’ombra: comunicato
- Mimmo Rotella al FIAC 2019: comunicato
- Paesaggi artificiali: comunicato
- Giuseppe Uncini – Termoli 2019: comunicato
- Jan Fabre “I castelli nell’ora blu”: recensione mostra
- Haegue Yang in Triennale: recensione alla mostra