Il bacio di Klimt: recensione al film
IL BACIO DI KLIMT
Al cinema solo il 30 e 31 gennaio
Recensione al film
UN VIAGGIO AFFASCINANTE
TRA LE TRAME DELLA TELA
PIÙ ICONICA E RAPPRESENTATA
DELL’ARTISTA VIENNESE
di Elisa Pedini
Il bacio di Klimt arriva nelle sale solo per due date: il 30 e 31 gennaio (trova qui quella più vicina a te), diretto da Ali Ray, questo docufilm rappresenta il primo evento della nuova stagione 2024 della Grande Arte al Cinema di Nexo Digital.
Gustav Klimt, titano del movimento della Secessione di cui è fondatore, dipinge Il bacio intorno al 1908, cinque anni dopo la sua visita a Ravenna e la sua folgorazione per i mosaici bizantini.
Esattamente, molti dei suoi dipinti vedono protagonisti la bellezza e il mistero del corpo femminile e in particolare il suo “periodo d’oro” è caratterizzato da un metodo di lavoro unico che gli permette di applicare sulla tela una sottilissima foglia d’oro naturale.
Tuttavia, Il bacio è considerato uno dei suoi capolavori indiscussi e in assoluto uno dei più suggestivi, conosciuti e riprodotti del mondo.
Grazie a Il bacio di Klimt si può entrare letteralmente nelle trame di quello che è il dipinto iconico dell’artista.
Il Belvedere a Vienna ospita il dipinto sin dagli inizi e può essere considerata una vera storia d’amore.
L’incontro con l’opera è impattante, richiede tempo per essere decifrata.
I visitatori vi sostano innanzi in estatica contemplazione.
Invero, l’azione è molto semplice: è un bacio.
Ma, esso avviene sull’orlo d’un abisso e si aprono numerosi interrogativi: chi è dominante? Dove andrà quest’amore”?
Il bacio di Klimt ripercorre la vita dell’artista sin dall’inizio della sua carriera.
La crisi economica del 1873 butta in crisi la sua famiglia.
Il padre, semplice ma affermato incisore, perde una fortuna. Gustav è il secondo di sette figli e coi fratelli Ernst e George aiutano la famiglia con piccole commissioni artistiche: per lo più, ritratti.
Tuttavia, il talento di Gustav è evidente sin da subito.
Figura dicotomica: vive recluso con la madre, ma richiestissimo dai committenti.
D’un tratto, però, cambia stile.
Ignoriamo cosa sia accaduto né se sia accaduto qualcosa.
Così, si fa provocatore, innovatore e nel 1947 diventa un pittore Art Nouveau, o meglio Jugendstil.
La Secessione si concretizza in un palazzo: un monumento, una sorta di basilica dell’arte, ovvero, un luogo che esprime una sacra devozione all’arte.
La Pallade Atena è uno dei primi quadri: un simbolo di indipendenza e libertà.
Il bacio di Klimt ci mostra anche l’ultimo restauro de’ Il bacio, avvenuto nel 2016.
Grazie ai raggi X si può entrare dentro l’opera e analizzarla profondamente.
Così, si vede come Klimt la disegnò in modo diverso con matita o carboncino.
Ad esempio, i piedi della donna erano sul prato, che si estendeva maggiormente.
La versione finale la vede coi piedi fuori dal prato, sull’orlo del baratro.
Inoltre, le due figure contrastano nettamente: fragile e sognante lei, possente e determinato, lui.
La donna è l’inconscio, l’emotività. Il suo volto è rivolto verso di noi ma ha gli occhi chiusi.
Lui è forte, muscoloso, ma protettivo nel suo gesto. Sembra tridimensionale e voler quasi uscire dalla tela. Non guarda verso di noi perché è concentrato sul suo interesse primario: lei.
Come spesso accade, Klimt ritocca più volte il bozzetto prima di giungere alla versione definitiva del disegno e quindi, andare ad applicare la vernice o la foglia oro.
Questa particolare tecnica appiattisce lo spazio del quadro, rendendolo un “altrove” non identificabile, non reale.
È così che l’arte sublima e funge in sé e per sé.
In conclusione, Il bacio di Klimt è un bel docufilm dal sapore accademico che mi sento di consigliare in modo particolare agli studenti di Arte.