PILLOLE DI: Giacomo Leopardi

PILLOLE DI:

 

LETTERATURA ITALIANA

 

 

GIACOMO LEOPARDI

 

 

UNA FAMIGLIA NOBILE, RICCA E FUORI DAL COMUNE.

UN BAMBINO D’INTELLIGENZA RARISSIMA, VIVO NEL CUORE E NELL’ANIMA,

D’UNA BELLEZZA DELICATA EREDITATA DALLA MAMMA.

POI, TUTTO MUTÒ.

 

 

GIACOMO LEOPARDI,

COME NON LO AVETE MAI VISTO

 

 

 

 

 

 

 

di Elisa Pedini

 

 

29 giugno 1798

Recanati, Stato Pontificio

i Conti Leopardi

annunciano la lieta nascita del loro primogenito:

Giacomo Taldegardo Francesco Salesio Saverio Pietro Leopardi

 

 

Così, il mondo è venuto in possesso d’una delle perle più rare e preziose che la letteratura abbia mai conosciuto.

Sfigato? Brutto? Tutto «pessimismo e fastidio»?

Continuate a leggere e vedremo se la penserete ancora così.

Siamo nel giugno del 1797, quando il figlio dei Conti Leopardi, Monaldo, conosce la marchesina Adelaide Antici, figlia dell’antichissima famiglia dei Marchesi Antici.

Lui è nobile, bello, affascinante, giovane e coltissimo.

Lei è bellissima, austera, maestosa, dagli occhi di zaffiro e morbidi boccoli.

Tanto è algida e severa nel suo incantevole personale tanto lo è anche caratterialmente. Oltre a essere anche piuttosto bigotta.

Tuttavia, tra i due rampolli è amore a prima vista.

Pertanto, contro ogni usanza del tempo che non badava certo all’amore e contro la stessa volontà della famiglia del Conte a causa d’antiche dispute tra i due casati, nonché una causa in corso per delle proprietà terriere, Monaldo sposa Adelaide.

È il settembre 1797.

Il piccolo Giacomo viene subito concepito e a giugno, nasce.

Invero, la coppia avrà altri nove figli, ma solo quattro raggiungeranno l’età adulta, di cui solo due sopravvivranno ai genitori.

In particolare, la figura del padre per il pargoletto testè nato, sarà cruciale.

Infatti, Monaldo è dotato di una curiosità insaziabile, d’un’intelligenza acuta, nonché amante viscerale della cultura.

Costituisce una biblioteca vastissima ove trovano spazio la tradizione classica, l’erudizione, la filosofia, la letteratura del Settecento e gli illuministi francesi.

Inoltre, politicamente impegnato e voce culturale autorevole del tempo si schiera in nettissima opposizione nei confronti della dominazione francese e napoleonica. Le Marche saranno direttamente annesse all’Impero solo nel 1808 per la posizione strategica sull’Adriatico.

Dunque, Monaldo è politico, filosofo, letterato; ma anche sperperatore: di economia non ci capisce niente.

Infatti, a un certo punto, s’arrende all’evidenza e passa l’intera gestione del patrimonio all’amatissima moglie Adelaide che ne risana ben presto le sorti.

Tuttavia, come si diceva, la personalità di Monaldo ha una forte influenza su Giacomo cui passa il suo sperticato amore per lo studio e le lettere.

Lato suo, Giacomo mostra, già in tenerissima età, un’intelligenza  e una curiosità fuori dall’ordinario.

Ciò appassiona Monaldo e lo spinge a voler far uscire fuori queste doti del figlio facendone una sorta di bambino prodigio.

Infatti, la prima educazione viene impartita tanto a Giacomo quanto a Paolina e Carlo, cui Giacomo sarà sempre legatissimo, da precettori ecclesiastici.

Così, tra letture appassionate, giochi pieni d’immaginazione, gare d’erudizione anche in pubblico, i piccoli acquisiscono un patrimonio culturale impressionante.

In particolare, Giacomo parla e scrive correntemente in latino e in francese, conosce e pratica la musica.

Già a dieci anni Giacomo Leopardi è autore di operette di vario genere e ha sviluppato un amore viscerale per gli eoi antichi.

Inoltre, usanza della famiglia Leopardi è far esibire i bambini durante i salotti e le feste in  casa.

Insomma, sono bambini molto particolari, ma anche normali: tra loro giocano, si divertono.

Certo, Giacomo, oltre agli occhi di zaffiro, della madre ha ereditato il carattere schivo e introverso.

Altresì, il carattere di Adelaide, sicuramete austera e severa coi figli, non agevola lo sviluppo della sfera emotiva, con certezza.

Quindi, Giacomo, sensibilissimo, è tanto sicuro nell’esibirsi in pubblico quanto timido e impacciato nelle relazioni.

Infatti, la sua sicurezza deriva dal sapere e dalla cultura. Dentro quei confini, lui si sente solido, al sicuro.

Pertanto, tra il 1809 e il 1815, appena adolescente, decide, con un’autodisciplina e una determinazione ferree, di sottoporsi a uno «studio matto e disperatissimo» acquisendo una padronanza assoluta nei campi: della filologia e dell’erudizione classica, della logica, della filosofia, della morale, della fisica, del greco, dell’ebraico, del francese, dell’inglese, del sanscrito, dello spagnolo e del tedesco.

In altre parole, ingurgita l’intera biblioteca paterna trasformandosi in una sorta d’enciclopedia vivente.

Insomma, Giacomo Leopardi non è solo un enfant prodige, è letterlamente un dio disceso in terra dall’Olimpo.

Infatti, sono di questi anni le prime, già grandi, erudite pubblicazioni, come: Dissertazioni filosofiche, Dissertazione sopra l’anima delle bestie, Storia dell’astronomia, Saggio sopra gli errori popolari degli antichi, Batracomiomachia.

Poi, nel 1815, tutto muta.

Giacomo ha solo 17 anni.

In questo anno, inizia un inferno che, pezzo dopo pezzo, distruggerà il corpo di Giacomo e ne sconvolgerà totalmente l’anima, preziosa e sensibilissima.

Nel giro d’un anno, il mondo come Giacomo lo viveva, non esiste più.

Esattamente, egli contrae la tubercolosi ossea, detta anche Morbo di Pott.

Da qui, la sua vita cambierà radicalmente.

Infatti, la sua crescita sarà compromessa e non supererà mai il metro e mezzo.

Inoltre, il suo corpo deformerà progressivamente perché i bacilli della malattia vanno a localizzarsi nelle vertebre della colonna distorcendole e riducendo via via gli spazi intervertebrali.

Tra le conseguenze: oltre a dolori ossei lancinanti ed emicranie devastanti, ci sono l’artrite, l’artrosi, gli spasmi muscolari e la spossattezza.

In più, serissimi problemi al cuore e ai polmoni con ovvie conseguenze di circolazione e di respirazione.

In aggiunta, il Morbo di Pott comporta gravi problemi neurologici, tra i quali: nevrosi, parestesie, difficoltà visive e auditive, paralisi, anoressia, severi deficit posturali e motori.

Infine, la morte.

Generalmente, essa sopravviene perché riducendosi sempre più la distanza tra le vertebre spinali, si ha un vero e proprio accartocciamento del corpo su se stesso portando al collasso degli organi interni.

Dunque, vi domando: come stareste voi? Ve lo dico io: v’ammazzereste, altro che pessimismo!

Giacomo Leopardi, no.

D’altronde, lui è un genio che di umano non ha nulla, neppure nelle reazioni agli eventi.

Nonostante il dolore atroce e il mondo d’un diciassettenne che va in frantumi, Giacomo Leopardi s’aggrappa alla sua intelligenza, al suo acume critico, alla cultura e attraversa solo una profonda crisi spirituale.

Tra il 1815 e il 1816, abbandona l’erudizione e passa alla poesia.

Quindi, s’approccia agli autori più moderni come Parini, Foscolo, Monti, Goethe, Chateaubriand, Keats, Shelley, Lord Byron e M.me de Staël.

Così, sviluppa una sua sensibilità romantica.

Sono gli anni che vanno sotto il nome di conversione letteraria.

Per contro, se da un lato è il genio, stimato e apprezzato e che col pensiero vola verso grandi orizzonti; dall’altro la malattia e il dolore lo relegano entro i confini di casa.

Attraverso la cultura, il mondo che gli si apre gli mostra una realtà molto diversa dagli angusti spazi del presente.

Comincia ad avvertire un senso d’infelicità e un desiderio di qualcosa di grande e di assoluto, come la mente meriterebbe; ma che le sue disgraziate condizioni fisiche sembrano negargli, ora e per sempre.

Inizia a sentirsi in gabbia anche in famiglia, vuoi anche per il fatto che le crisi feroci lo obblighino alla “reclusione”.

Certo, il suo genio è riconosciuto, apprezzato e protetto da tutta la famiglia; ma c’è anche l’aspetto autoritario e un po’ gretto che viene a pesargli.

Quindi, l’insoddisfazione per un verso e il bisogno di nuove avventure per l’altro, lo spingono a un’immersione nell’attività letteraria più diretta, alla ricerca del Bello.

Così, compone le prime prove poetiche: Appressamento della morte, Le Rimembranze.

Nel 1817, inizia casualmente una corrispondenza con Pietro Giordani che sfocerà in un’amicizia forte, sincera e duratura.

Ma, qui, inizia anche una nuova era per Giacomo Leopardi, già nota.

 

 

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *