PILLOLE DI: Madame de Staël
PILLOLE DI:
LETTERATURA FRANCESE
MADAME DE STAËL
AFFASCINANTE, COLTA, LETTERATA, STIMATA
CON I SUOI SALOTTI LETTERARI PERMISE LA VEICOLAZIONE DELLA CULTURA EUROPEA
CON LE SUE OPERE NE INFLUENZÒ L’INTELLIGENTIA
di Elisa Pedini
Germaine Necker, ben più nota come Madame de Staël, è una figura cardine per il panorama culturale europeo per due ragioni principali.
Primo, ella nasce e cresce in un ambiente estremamente stimolante intellettualmente e socialmente.
Infatti, il salotto letterario di sua madre, Suzanne, figlia d’un pastore protestante, è fulcro d’incontro, scambio e confronto tra gli insigni intellettuali illuministi di Parigi.
Inoltre, suo padre, Jacques, Ministro delle Finanze del re, è un liberale e democratico convinto.
Ne consegue che, a dodici anni, Germaine sia già un’intellettuale e legga Montesquieu, Voltaire, Rousseau, che lei considera suoi maestri e ispiratori.
Così, si forma la fanciulla e crescendo persegue con passione i suoi studi facendo dei suoi salotti un cuore pulsante dell’intelligentia europea.
Nel 1786 sposa il Barone de Staël-Holstein, ambasciatore svizzero a Parigi e dà vita al suo vivissimo salotto letterario.
Dunque, donna, figlia, moglie, madre ed eccellente ospite, nonché dotata d’intelligenza viva, acuta e analitica, intellettuale impegnata e rispettata, scrittrice e saggista, viaggiatrice curiosa e osservatrice, passionale tanto nei suoi amori turbolenti quanto nelle sue posizioni politiche; ella diviene l’emblema primo d’una nuova condizione femminile.
Così, Madame de Staël rivendica e contemporaneamente afferma la sua posizione sociale di «femme d’esprit», capace d’influenzare e veicolare e dirigere le idee dell’intero continente.
Certo, questa nuova figura femminile resta ancora molto elitaria e ristretta; ma è un punto fermo molto importante che dobbiamo a Madame de Staël.
Ben ella scriverà:
«(…) L’existence des femmes en société est encore incertaine sous beaucoup de rapports. (…) Il arrivera, Je le crois, une époque quelconque, où des législateurs philosophes donneront une attention sérieuse à l’éducation que les femmes doivent recevoir, aux lois civiles qui les protègent, aux devoirs qu’il faut leur imposer, au bonheure qui peut leur être garanti: mais, dans l’état actuel, elles ne sont, pour la plupart, ni dans l’ordre de la nature, ni dans l’ordre de la société. (…)» (Ctz. Mme de Staël, Des femmes qui cultivent les lettres, cp. 4, II parte, in De la littérature, 1800, Parigi).
Secondo, ella si pone tra due secoli molto ferventi e impattanti per l’Europa sapendo ben armonizzarne e incarnarne gli ideali configurandosi come cerniera intellettuale tra i due.
Per un verso, ella è fortemente ancorata ai valori del passato, tanto alle idee illuministe e vede nella ragione una guida insostituibile per l’uomo; quanto a quelle enciclopediste dello scrittore quale parte attiva della società e della letteratura quale arma in difesa della libertà.
Per l’altro, ella è eroina e ambasciatrice delle idee romantiche e non solo nelle idee ma nel suo stesso modo di vivere. Ella sostiene la libertà, la potenza dei sentimenti, l’importanza dell’immaginazione, la forza dello scambio intellettuale per un progresso costante del pensiero e delle arti che deve procedere di pari passo con l’evoluzione sociale.
Detto questo, comprendere la sua vita e le sue opere diviene alquanto elementare.
Così, Madame de Staël s’infiamma per la Rivoluzione e quel desiderio di libertà che, ora più che mai, sembra divenire una realtà.
Tuttavia, le frequentazioni con gli intellettuali borghesi girondini la rendono sospetta.
Inoltre, esce uno scritto, invero anonimo, il Réflexions sur le procès de la Reine, argutamente analitico e potentemente “femminista”.
Come scritto, è un saggio breve firmato semplicemente «une femme»; ma il sospetto che l’autrice sia proprio lei, come di fatto era, è alto.
Conseguenza di tutto è che Madame de Staël viene fortemente invitata a levarsi dai piedi da Parigi.
Così, si trasferisce nel castello di famiglia a Coppet, sulle rive del lago di Ginevra.
Qui, immediatamente, dà vita a un nuovo salotto che diverrà luogo d’incontro dell’élite degli intellettuali europei.
Nel mentre, nonostante abbia appena chiuso una relazione tumultuosa, ne inizia subito un’altra con il nobile, intellettuale, politico, scienziato, scrittore Benjamin Constant, pure più incostante e turbolento di lei. Alla faccia di chi dice che gli opposti s’attraggono!
Inoltre, pubblica un saggio De l’influence des passions sur le bonheure des individus et des nations, che getta letteralmente le basi del romanticismo francese, dove riflette sull’importanza dell’espressione dei sentimenti e sulla loro potenza.
In più, viaggia moltissimo: in Germania, Austria, Svezia, Russia, Inghilterra, Italia, dove troverà ispirazione per l’eroina del suo romanzo Corinne.
Nel 1797 torna in Francia appassionata da Napoleone e dall’idea che sia il liberatore, garante degli ideali della Rivoluzione. Come tutti i romantici, vien da dire.
Esattamente, come tutti, resterà profondamente delusa nelle sue aspettative tanto da schierarsi in netta opposizione al regime napoleonico.
Pubblica il saggio De la littérature considérée dans ses rapports avec les institutions sociales, che è considerato la pietra miliare delle idee romantiche.
Qui, analizza l’influenza della religione, degli usi e costumi, delle leggi e persino del clima sulla creazione letteraria.
Inoltre, è qui che espressamente spiega come l’evoluzione sociale vada di pari passo con il progresso delle arti e come, dunque, ogni epoca si mostri quale evoluzione e superamento della precedente.
In questo periodo conosce e frequenta Lord Byron, Schiller, i fratelli Schlegel, Fichte e il grande Goethe, già autore del Werther (1774) e potente influenzatore dei pensatori tedeschi coevi.
Dai viaggi e dalle frequentazioni teutonici ella produrrà quello che è considerato il suo capolavoro, nonché manifesto del Romanticismo: De l’Allemagne.
Quest’opera, messa al bando e data alle fiamme da Napoleone, troverà veicolazione clandestina a Londra.
Precisamente, l’opera mette in rilievo l’animo tedesco, caratterizzato dall’esprimersi dei sentimenti: la passione, l’inquietudine, la malinconia, l’entusiasmo lirico, l’immaginazione e l’ispirazione che da essa deriva, contrapposti al rigore e alla razionalità che ancora comopngono la lettaratura francese.
Nel 1816 scriverà un altro saggio destinato a sollevare scalpore il De l’Esprit des traductions, inserendosi nel dibattito italiano tra classicisti e romantici. Il saggio, tradotto da Pietro Giordani verrà pubblicato sul primo numero della rivista Biblioteca italiana col titolo Sulla maniera e la utilità delle traduzioni.
Fra i grandi sostenitori del classicismo italiano che rispondono a tale articolo, oltre al Giordani, c’è anche Giacomo Leopardi.