PILLOLE DI: Lord Byron

PILLOLE DI:

 

LETTERATURA INGLESE

 

 

LORD BYRON

 

 

IRREQUIETO, RIBELLE, CONTRADDITTORIO:

PASSIONALE E SPREZZANTE,

IDEALISTA E SATIRICO.

 

LE MILLE SFACCETTATURE DEL PIÙ ICONICO POETA ROMANTICO INGLESE

 

 

 

 

 

di Elisa Pedini

 

 

Lord Byron, con Keats e Shelley, compone la sacra immortale triade della II generazione di poeti romantici.

Sappiamo bene che queste classificazioni sono convenzionali e tecnicamente necessarie per facilitare la comprensione, tanto per dirla in modo elementare.

Tuttavia, questo gruppo di creature, geniali ma squilibrate, è accomunato da caratteristiche precise, che li differenziano radilcamente dalla generazione precedente.

Per esempio, da un meraviglioso colosso qual è Wordsworth, che fu lineare nella sua poetica, prolifico e visse abbastanza a lungo da divenire vecchio, rispettabile e conservatore.

Da un lato, le loro anime inquiete, irrequiete, turbolente, contraddittorie non consentono di classificare la loro poetica in modo netto.

Dall’altro, è proprio grazie a tali anime oscure che hanno prodotto dei capolavori.

Infine, nessuno di loro visse abbastanza da diventare vecchio e rispettabile, anzi.

In tal senso, Lord Byron è il classico “bello e dannato”: sadico, volubile, incostante, immorale, satanico.

O meglio, tale è l’immagine che vuole di sé e che scrupolosamente lima sulla base di quello che il suo estro riesca a imprimere nei suoi personaggi. Non il contrario.

Nasce con una gamba più estesa dell’altra a causa della contrazione del tendine d’Achille che lo renderà claudicante e un volto d’angelo.

Crescendo, raggiunge una certa altezza per l’epoca.

Altresì, pare anche una certa prestanza fisica dovuta allo sport, il nuoto in particolare, cui lui si dedica con passione.

Lord Byron è il melodrammatico narratore delle sue emozioni, il passionale amante che si strugge, il cantore della natura.

Inoltre, è l’idealista liberale che si scaglia contro qualsiasi oppressione e l’aristocratico osservatore dei fatti storici.

Ma, è anche il poeta satanico, ostentatamente nemico delle convenzioni della morale comune e la creatura oscura che indifferente bada a nutrire solo il suo bisogno egoico d’autoesaltazione e il critico sagace.

Infine, Lord Byron è il compositore di magistrali versi colloquiali e il creatore d’un tipo di poesia narrativa e discorsiva, sufficientemente libera e d’ampio respiro da consentirgli di commentare ironicamente la vita e i costumi coevi; ma anche se stesso.

Ecco, tutto questo è Lord Byron. Personalità fuor di dubbio strabiliante, come la sua vastissima produzione.

Invero, la prima raccolta Hours of idleness, composta da liriche in distici eroici, in distici octosillabici e in varie altre forme strofiche sui temi dell’amore, del rimpianto, della separazione e altre spiagnucolerie varie, risulta alquanto mediocre.

Però, è importante notare, già l’uso del ritmo dattilico che Lord Byron impiegherà moltissimo.

Per contro, di natura completamente diversa è English bards and scotch reviewers.

Questo componimento consiste in un attacco a scrittori e critici contemporanei che, non si sa il perché, avevano fatto saltare la mosca al naso al nostro aristocratico poeta.

Anche qui, da notare, l’uso del distico eroico, modellato sulla poesia satirica di Pope, seppur ancora manca di quella finezza e composta veemenza che Lord Byron affinerà in seguito.

Coltissimo, perfezionista fino al maniacale, incantatore di salotti, seduttore di intelletti.

Ma anche, disinibito, sfacciato, entusiasta di tutto, terribilmente eccessivo. Appassionato dell’Italia e costantemente innamorato di qualcuna o di qualcuno, indistintamente. Consumatore felice di oppio e assenzio.

Insomma, uno scandalo vivente, circondato dal gossip più sfrenato.

Non dimentichiamo quel che abbiamo detto: aderire all’eroe che viene creato.

Precisamente, l’ispirazione primaria dell’eroe di Lord Byron è quella dell’eroe satanico e grandeggiante di Milton (Paradise Lost).

Ora, dopo aver scioccato tutti con una vita di cosciente dissolutezza, parte per un lungo viaggio.

Invero, il cosiddetto Grand Tour era usanza quasi obbligatoria dei nobili, al tempo.

Spagna, Malta, Albania, Grecia. Sta via più di due anni.

Durante questo periodo, egli acquisisce nuovo materiale poetico e gli dà l’occasione d’aggiungere un altro aspetto al suo “eroe”: ovvero, quello del “viandante”, nobile d’animo e di sensibilità acutissima, insaziabile curioso di scoperte e conoscenza.

Rientrato in patria, inizia una produzione prolifica e di gran successo.

Primo fra tutti, i primi capitoli del: Childe Harold’s Pilgrimage, scritto in strofe spenseriane e molteplici altre forme strofiche, scorrevoli e ricche di energia e vigore.

Qui, il protagonista, sprezzante, misantropo e dissolutamente libertino; ma anche sensibile, generoso e passionalmente coraggioso.

Descrive vividamente luoghi esotici e le avventure di Harold.

Da qui, segue un periodo, come detto, molto prolifico, dove Lord Byron scrive un gran numero di novelle esotiche in versi e molteplici forme metriche.

In particolare, sono caratterizzate da passione ed eroismo e propongono eroi solitari e malinconici irretiti in situazioni in cui l’amore si accompagna sempre all’alienazione affettiva.

Inoltre, produce componimenti di carattere altamente lirico dotati di musicalità e scorrevolezza di pregio.

Nonostante il suo grande successo e la frequentazione dei rinomati salotti aristocratici, la sua dissolutezza gli crea notevoli problemi.

Infatti, i suoi amori tumultuosi e incontrollati, come l’incestuosa frequentazione con la sorellastra Augusta, che resta pure incinta, fanno scoppiare un finimondo.

Per sedare le acque, nel 1815 Lord Byron convola a nozze con Anne Isabella Milbanke, bella e colta ereditiera da cui ha una figlia.

Tuttavia, non ha il carattere per questa scelta e non muta comportamento, attirandosi accuse pesanti: incesto, adulterio, sodomia, libertinaggio, ecc. e guadagnandosi così il disprezzo dell’aristocrazia londinese e scatta l’ordine d’esilio.

Nel 1816 la moglie, esasperata, lo pianta. Appena firmato il divorzio, Lord Byron parte.

Va in Svizzera, a Villa Diodati, sul lago di Ginevra con il suo servitore e il suo medico, John William Polidori.

Qui, frequenta il salotto di Madame de Staël e John Bysshe Shelley che si trova lì con la per ora amante, Mary Godwin, futura Mary Shelley.

Quell’estate viene ricordata come la più piovosa della storia.

Proprio per questo fu un periodo molto prolifico per Lord Byron: continua a comporre il Childe e scrive il Prisoner of Chillon, The Dream, i primi due atti del Manfred, Darkness, oltre a liriche di musicalità e grazia di notevole bellezza.

Inoltre, Shelley e Mary sono spesso a Villa Diodati. Bloccati e annoiati dalla pioggia, il gruppo di giovani inventano un contest che apre un’altra parentesi della letteratura.

Nell’autunno Lord Byron va in Italia.

Fa tappa a Milano, dove Ludovico di Breme ha organizzato una cena in suo onore. È costui uomo colto, saggista e scrittore impegnato e molto in vista, nonché estimatore di Byron.

Infatti, partecipa al dibattito tra classicisti e romantici rispondendo all’articolo di Madame de Staël proprio con Osservaioni sul Giaurro. Ponendosi tra i romantici a differenza dell’intervento classicista del Leopardi.

A Milano, Byron conosce Vincenzo Monti, Silvio Pellico, Stendhal e molti altri esponenti dell’intelligentia italiana. Quindi, va a Venezia. Dove, fra l’altro avrà modo d’incontrare Ippolito Pindemonte.

È proprio nella Serenissima che Lord Byron conosce un nuovo prolifico periodo: procede col Childe, Beppo e i primi due capitoli del Don Juan e nuove liriche.

Ma, a mio avviso, la più memorabile tra esse resta un breve e semplice componimento di quattro strofe di sublime intensità lirica e musicalità estrema, di cui riporto la prima strofa:

So we’ll go no more a-roving

So late into the night,

Though the heart be still as loving,

And the moon be still as bright. (…)

Il poeta, ricordando un vecchio ritornello scozzese, improvvisamente, si trova di fronte alla perdita della giovinezza e dei trambusti amorosi, anche se il cuore batte ancora, quindi, è in grado d’amare e la luna è sempre lì, malinconica, a splendere.

 

 

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