Mario Persico e la sua produzione operistica: recensione al libro

Mario Persico
e la sua produzione operistica
Resoconto di un viaggio nelle memorie,
nei ricordi, nella musica e
nel tempo di un “Nostrano” quasi dimenticato
di Luca Lupoli
Recensione al libro
UN SAGGIO-RACCONTO INTIMO
SULLA VITA E SU TECNICA E STILE
D’UN COMPOSITORE INGIUSTAMENTE DIMENTICATO
di Elisa Pedini
Mario Persico e la sua produzione operistica scritto da Luca Lupoli, ricerche bibliografiche a cura di Olga De Maio, è un saggio tecnicamente e musicalmente completo e compatto; ma è anche un racconto intimo, un viaggio nella memoria e nei ricordi, come ci promette l’autore nel sottotitolo.
Lupoli, come nell’altro testo già recensito, procede in modo sistemico e accurato.
Inoltre, descrive in maniera ricca e compiuta tanto la genesi e quindi la creazione delle opere quanto le partiture.
In tal modo, Lupoli rende il saggio assolutamente fruibile e molto piacevole sia per gli addetti ai lavori, sia per chi, anche non musicalmente preparato, gradisce arricchire la sua cultura e la sua biblioteca con un testo di pregio.
Tuttavia, qui il ritmo della scrittura è più morbido, l’atmosfera creata più familiare.
Ciò perché, a causa dell’oblio che ha avvolto Mario Persico nel tempo, il più grosso lavoro che si è trovato a dover affrontare l’autore, è stato proprio quello di reperire le fonti per potersi documentare.
Conseguentemente, Lupoli si è dovuto immergere nei carteggi e nei manoscritti privati del compositore, nonché entrare, letteralmente, in casa sua.
È così che il lettore viene accolto nel salotto d’una casa privata: quella di Sergio Nuvola, nipote di Mario Persico. Qui, inizia una narrazione che manterrà questa coinvolgente atmosfera familiare di intima introspezione fino all’ultima pagina.
Innanzi tutto, scopriamo che la produzione del Persico non fu in realtà vastissima.
In particolare, influenzata ma non condizionata tanto dal verismo dei vari Mascagni, Leoncavallo, Puccini, ecc. quanto dalla Generazione dell’Ottanta dei Respighi, Alfano, Casella, Malipiero, ecc., , essa è caratterizzata da coerenza, autonomia e soprattutto un tocco personale e unico.
Soprattutto, compone liriche, per la maggior parte sui versi del Pascoli da lui molto amato e tre sole opere liriche, che ritroviamo analizzate in questo saggio-racconto: La Morenita, La bisbetica domata e La Locandiera.
Precisamente, questo dipende dal carattere del Persico, riservato e introspettivo, che lo porta a comporre solo su convinta e profonda ispirazione.
A tal riguardo, sarà proprio questa sua anima sensibile, questo suo sentire profondamente intimo e sincero con cui egli si pone verso gli altri e verso la musica stessa a dare quel quid unico, oltre a portarlo, a un certo punto della sua vita, a gettare in mare un’intera partitura completa.
Tuttavia, lascio al lettore scoprire e gustare aneddoti, eventi e partiture.
Invece, mi piace porre l’accento sui valori di sincerità, interiorità e confidenza che caratterizzano l’essere di Mario Persico e che segnano il suo stile e le sue relazioni personali, riverberandosi, tra l’altro, quasi per transfert, sul modo di scrivere dell’autore stesso.
Infatti, il compositore instaura un rapporto d’interscambio fitto e continuo con i suoi librettisti.
Esattamente, è proprio dallo scambio e da una sciarada con il suo amico Luigi Sbragia, poeta fiorentino nonché librettista della sua prima opera, che il giovane Mario si risolve a intraprendere quella che sarà una carriera tutta in ascesa e costellata di successi.
E ancora, è per l’appunto dal confronto che viene deciso il finale tragico de’ La Morenita e saranno proprio il gesto estremo e la frase con cui termina il melodramma a chiudere il cerchio del messaggio stesso dell’opera, rendendola solida, compatta e di clamoroso successo.
Altresì, proprio dal rapporto col Rossato, tralascia soggetti poco convincenti per accogliere con entusiasmo la trasposizione musicale del capolavoro shakespeariano La bisbetica domata. Sarà per l’esattezza dal procedimento d’una solida «concatenazione logico verbale e musicale» (Ctz. Lupoli) che nascerà il secondo grande successo operistico del Persico.
In più, precisamente dagli stretti lavoro e confronto continui tra il Ghisalberti e il compositore, il capolavoro goldoniano de’ La locandiera prende perfetta forma di commedia lirica in ambientazioni e personaggi. «Levare per mettere» dice il librettista.
Così, sullo sfondo d’un’ambientazione fiorentina, popolare, gentile e fresca, con le sue stornellate, gli spazi lasciati dalla riduzione a libretto permettono il fiorire della melodia e si riempiono di quel colore partenopeo, della sua teatralità fresca e schietta, tipica della canzone napoletana.
In egual misura, dal confronto, Mario va a comporre una scrittura musicale che: fa da sfondo alle ambientazioni; accompagna, illustra e sostiene l’azione; evoca e prepara l’entrata dei personaggi, oltre a seguirne il cambiamento della psicologia, la disposizione emotiva, le riflessioni.
Per esempio, ne’ La Morenita l’allontanamento della pattuglia in scena viene sostenuto da un morendo dell’orchestra che si chiude sulla battuta di Juanito.
Altrettanto, ne’ La bisbetica domata, battute brevi, vivaci e concise contrassegnano il dialogo tra i due pretendenti di Bianca e tutta la scrittura musicale di Caterina è caratterizzata da un andamento nervoso di semicrome per supportare e significare il suo carattere bisbetico.
Infatti, Persico cuce la musica letteralmente addosso alle situazioni e ai personaggi.
La partitura è aderente e fedele ai testi fortificandone il senso e contestualmente esprime e valorizza la parte interiore dei personaggi. Parola e musica divengono un’unità perfetta e il soggetto vive a tutto tondo. Questa sincronia raggiunge l’apice del sublime ne’ La Locandiera con un lavoro d’estenuante cesello.
Qui, va sottolineato che la bravura di Luca Lupoli di descrivere tutto questo, con dettagli di pregio, quasi materializzi le opere liriche e si abbia la netta sensazione di vederle e sentirle realmente. Seppur, il consiglio dell’autore e anche il mio sia quello di far seguire l’ascolto alla lettura.
In conclusione, ritengo che Mario Persico e la sua produzione operistica sia un testo notevole e molto piacevole che mi sento di consigliare, come scritto in incipit, a prescindere dall’educazione musicale.